BSVA – Studio Legale Associato
Sul Sole24Ore gli avvocati Giovanna Ventura e Sabina Rampinini effettuano una riflessione sul decreto interministeriale del 28 marzo 2020, che ha previsto l’accesso al Bonus di 600 euro per il mese di marzo, a favore di professionisti e lavoratori autonomi iscritti a enti previdenziali di diritto privato.
1. Il Bonus dell’ultim’ora
Poteva sembrare un pesce di aprile se non fosse stato tutto vero. Il Ministero del Lavoro di concerto con il Ministero dello Finanze e dell’Economia ha pubblicato durante la notte tra il 31 marzo ed il primo aprile, sul sito internet istituzionale nella sezione Pubblicità legale (?), il decreto interministeriale che prevede l’accesso al Bonus di 600 euro per il mese di marzo a favore di professionisti e lavoratori autonomi iscritti a enti previdenziali di diritto privato. Nulla è stato disposto con riguardo ad una possibile posticipazione del click day per la proposizione delle istanze, salvo consentire agli enti previdenziali privati di aprire l’accesso alle domande dalle ore 12,00 del primo aprile anziché dalle ore 00.00 così come previsto per gli altri bonus disciplinati nel D.L. n. 18 del 2020.
Il Decreto stabilisce che il sostegno al reddito sarà riconosciuto ai professionisti e autonomi iscritti a enti previdenziali di diritto privato che abbiano percepito, nell’anno di imposta 2018, un reddito complessivo al lordo dei canoni di locazione breve o assoggettati a cedolare secca non superiore a 35mila euro o, ai lavoratori che abbiano percepito un reddito complessivo al lordo dei canoni di locazione breve o assoggettati a cedolare secca tra 35mila e 50mila euro e abbiano cessato, ridotto o sospeso la loro attività autonoma o libero-professionale di almeno il 33% nel primo trimestre 2020, rispetto allo stesso reddito del primo trimestre 2019. Da notare, quindi, che se il reddito per il periodo d’imposta del 2018 del professionista o lavoratore autonomo risulta superiore a 50.000 euro non spetta alcuna indennità.
2. I requisiti per accedere al Bonus in virtù del reddito complessivo prodotto nell’anno 2018
Ma analizziamo puntualmente le due macro categorie ammesse. Secondo il decreto coloro che nel 2018 hanno percepito un reddito complessivo inferiore a 35.000 euro al fine di beneficiare del bonus di marzo debbono dimostrare che la propria attività sia stata limitata dai provvedimenti restrittivi adottati dal Governo in conseguenza al COVID – 19.
La norma pare riferirsi a quei provvedimenti che hanno direttamente “limitato” l’esercizio della professione o attività autonoma. A tale riguardo, si rammenta che, le attività professionali, scientifiche e tecniche, nonché le attività legali e contabili non hanno incontrato alcuna restrizione specifica anche a seguito del D.P.C.M. del 22 marzo 2020 (rientrano infatti nei codici ATECO non sospesi).
L’unica restrizione diretta sembra sia stata imposta a livello locale dalla Regione Lombardia con l’Ordinanza del 21 marzo 2020 nella quale era stata sancita “la chiusura delle attività degli studi professionali salvo quelle relative ai servizi indifferibili e urgenti o sottoposti a termini di scadenza”, seppure non sembra fosse comunque impedito, anche in tal caso, l’espletamento delle attività in modalità smart working.
Probabilmente il decreto in esame si rivolge a quei professionisti e lavoratori autonomi residenti nei Comuni delle “zone rosse” (leggasi Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione d’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia, Terranova dei Passerini e Vo’) colpiti sin da subito dai provvedimenti di restrizione dell’attività di cui al D.P.C.M. del 23 febbraio 2020 e che, ciò nonostante, si sono visti esclusi dall’indennità di cui all’art. 16 del D.L. n. 9 del 2 marzo 2020 o forsanche agli avvocati ed altri professionisti che si occupano di contenzioso, la cui attività si è ridotta a fronte della sospensione dei procedimenti giudiziari avvenuto fin dai primi giorni di marzo 2020 (cfr. D.L. n. 11 dell’8 marzo 2020).
E per tutti gli altri? E’ senz’altro auspicabile un chiarimento da parte delle istituzioni in relazione al concetto di attività “limitata dai provvedimenti restrittivi”.
Per quanto invece attiene la seconda tipologia di professionisti e lavoratori autonomi iscritti alle c.d. “Casse professionali”, cioè agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria, di cui al D.lgs. 509/1994 (es. Cassa Forense, CNPADC, Inarcassa, Cassa Nazionale del Notariato, Enasarco, ENPAM, ENPACL, ecc.) e al D.lgs 103/1996 (Casse interprofessionali) che nel 2018 hanno dichiarato un reddito complessivo al lordo dei canoni di locazione breve o assoggettati a cedolare secca tra i 35.000 e i 50.000 euro e abbiano cessato, ridotto o sospeso la loro attività autonoma o libero-professionale di almeno il 33% nel primo trimestre 2020, rispetto allo stesso reddito del primo trimestre 2019, la questione è ancora più complessa.
All’art. 2 del decreto è precisato che:
– per cessazione dell’attività deve intendersi la chiusura della partita IVA nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 31 marzo 2020;
– Per riduzione o sospensione dell’attività lavorativa deve intendersi la comprovata riduzione di almeno il 33% del reddito del primo trimestre 2020, rispetto al reddito del primo trimestre 2019 tramite individuazione per cassa quale differenza tra i ricavi e i compensi percepiti e le spese sostenute per l’esercizio dell’attività.
Nella speranza che qualche “buon tempone” non abbia proceduto alla chiusura della Partita Iva qualche giorno prima il 31 marzo (fatto assolutamente possibile dato che la bozza del presente decreto risale al 28 marzo ed era già in circolazione sui siti di stampa specializzata), risulta estremamente arduo il calcolo della riduzione dei reddito così come definito nel D.M. 28 marzo 2020 per tutti coloro che abbiamo aderito al regime forfetario. Ciò naturalmente, supponendo che la riduzione di cui si parla, si riferisca al solo reddito prodotto in relazione alla attività di lavoro autonomo o professionale.
Non solo, il Governo sembra dimenticare – o forse l’ha ben presente – che il pagamento dei compensi dei professionisti non avviene quasi mai in corrispondenza dell’esecuzione della prestazione, ma generalmente si consolida qualche mese dopo. Pertanto è molto difficile che la flessione dei compensi / ricavi a causa dei provvedimenti COVID sia avvenuta nei primi due/tre mesi dell’anno 2020, la loro riduzione si avvertirà probabilmente a partire da marzo o meglio ancora nell’aprile 2020.
E dunque, i requisiti previsti dal decreto in esame per accedere al bonus di marzo, rendono particolarmente complesso l’accesso al bonus per il mese di marzo a tale categoria di professionisti e lavoratori autonomi, creando un’evidente discriminazione con la categoria di professionisti, lavoratori autonomi e co.co.co iscritti alla gestione separata INPS o all’Ago che al contrario vi possono accedere senza alcuna limitazione reddituale (cfr. artt. 27 e 28 D.L. n. 18 del 17.03.2020).
3. Gli altri requisiti
Risulta invece chiaro che il beneficio non è cumulabile né con i benefici di cui agli articoli da 19 a 22 e da 27 a 30, 38 e 96, del D.L. 18/2020 (trattamenti di cassa integrazione, nuove disposizioni per la C.i.g. in deroga, indennità professionisti e Co.co.co, indennità per lavoratori autonomi, indennità lavoratori stagionali turismo e stabilimenti termali, indennità lavoratori settore agricolo, indennità lavoratori dello spettacolo e indennità collaboratori sportivi), né con il reddito di cittadinanza di cui al D.L. 4/2019. Inoltre, l’indennità non sarà computabile come reddito imponibile ai sensi del Tuir.
Con un inaspettato colpo di scena, il Governo nel recentissimo D.L. n. 23 dell’8 aprile 2020 entrato in vigore il giorno successivo, ha introdotto un ulteriore paletto di accesso al bonus, determinando la sospensione delle domande già inoltrate, oltre alla necessaria riorganizzazione delle autocertificazioni da parte degli enti previdenziali privati. L’art. 34 del decreto ha precisato che per poter usufruire del Bonus occorre essere iscritti in via esclusiva ad una Cassa privata e vieta di beneficiare di altri trattamenti pensionistici.
4. Modalità di presentazione della domanda
Quanto alle modalità di presentazione della domanda, l’art. 3, comma 3, del Decreto Interministeriale prevede che il professionista / lavoratore autonomo, a partire dal 1° aprile e sino al 30 aprile 2020, potrà indirizzare l’istanza all’ente di previdenza cui è iscritto obbligatoriamente (secondo lo schema predisposto dai singoli Enti previdenziali) dichiarando, mediante autocertificazione ai sensi del DPR 28 dicembre 2000, n. 445:
a. di essere lavoratore autonomo/libero professionista, non titolare di pensione;
b. di non essere già percettore delle indennità previste dagli articoli 19, 20, 21, 22, 27, 28, 29, 30, 38 e 96 del decreto-legge 17.3.2020 n. 18 né del reddito di cittadinanza di cui al decretolegge 28.1.2019 n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28.3.2019 n. 26;
c. di non avere presentato per il medesimo fine istanza ad altra forma di previdenza obbligatoria;
d. di aver percepito nell’anno di imposta 2018 un reddito non superiore agli importi di cui all’art. 1, comma 2, lettere a) e b);
e. di avere chiuso la partita IVA, nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 31 marzo 2020 ovvero di aver subito una riduzione di almeno il 33 per cento del reddito relativo al primo trimestre 2020 rispetto al reddito del primo trimestre 2019, ovvero per i titolari di redditi inferiori a 35.000 euro, di essere nelle condizioni di cui all’articolo 1, comma 2, lettera a).
Alle condizioni testé descritte, il professionista e il lavoratore autonomo alla luce del nuovo requisito di cui all’art. 34 del D.L. n. 23 dell’8 aprile 2020 dovrà altresì dichiarare di essere iscritto in via esclusiva alla Cassa di previdenziale privata e di non usufruire comunque di altre forme pensionistiche.
All’istanza vanno necessariamente allegati (comma 4, art. 3) la fotocopia del documento d’identità in corso di validità e del codice fiscale; vanno, inoltre, indicati il codice Iban con le coordinate bancarie o postali per l’accreditamento dell’importo di cui al beneficio di legge. Ciascun Ente previdenziale ha previsto, sul proprio sito istituzionale, le modalità operative al fine della presentazioni delle domande. Pertanto ogni singola Cassa previdenziale:
• verificherà la regolarità delle domande alla stessa presentate;
• erogherà, in presenza dei requisiti, l’indennità ai richiedenti propri iscritti.
È bene evidenziare che sempre l’art. 3 del Decreto Interministeriale prevede che le domande prive di indicazioni di cui ai commi 3 e 4 del medesimo articolo, così come quelle presentate dopo il 30 aprile 2020, saranno considerate inammissibili.
Infine è da segnalare che rispetto alla prima bozza, già timbrata, anticipata, il Decreto Interministeriale non richiede più che, ai fini dello stanziamento del beneficio, i professionisti debbano essere in regola con gli obblighi contributivi previsti per il 2019.
5. Osservazioni conclusive
Le perplessità sopra esposte circa l’ambito di applicazione del Bonus esigono, senza ritardo, risposte certe da parte dei Ministeri emittenti, soprattutto laddove la domanda di accesso impone l’invio di un’autocertificazione emessa ai sensi del D.P.R. n. 445/2000 che comporta conseguenze penali in caso di rilascio di dichiarazioni mendaci, con una pena, ex art. 495 c.p, da uno a sei anni.
E a tal proposito la domanda sorge spontanea: gli oltre due milioni di soggetti che hanno presentato la domanda di accesso erano consci dei paletti previsti dal decreto e ricadevano effettivamente nell’ambito dei legittimi beneficiari?